Google e la difficile partita dell’auto che guida da sola

Google fa un passo in avanti verso l’auto che guida da sola, si aprano scenari competitivi inediti dove una hi-tech company tutta software va a scontrarsi con chi stampa lamiere e fonde basamenti dei motori.

Va detto, a chiare lettere, che costruire un’automobile, tanto più se evoluta fino al punto di guidare da sola, non è un affare da poco e per quanto Google sia ricca, potente, e con tanta tecnologia in casa, occorrono competenze e conoscenze che solo l’industria dell’auto può avere. Una macchina non è uno smartphone con Android da far assemblare in Cina.

È qualcosa di più che coinvolge la sicurezza, lo stile, le reti di vendita.

Per non parlare del manufacturing. E Google adesso non controlla nulla di tutto questo. Al momento, ma con i soldi che ha in cassa può comprarsi una casa automobilistica. Volvo, con tutto il marchio e la tecnologia, con gli impianti e le reti di vendita v enne venduta  da Ford alla cinese Geely per tre miliardi dollari. Pochi soldi rispetto a quelli che Google ha “buttato” nell’operazione Motorola.

E a google servirà anche un marchio. Big G

non ha neppure un brand spendibile nel mondo dell’auto. Ha già avuto difficoltà a vendere smartphone (made by Htc, Samsung ed Lg) figuriamoci a entrare in un mercato dove il blasone conta tantissimo, al pari dell’immagine e del design. E su questo punto se il buongiro si vede dal mattino gli “ovetti su ruote” di Google di certo non  sembrano la nuova frontiera dello stile. Anzi, a meno che non si voglia trasformare l’automobile in una lavatrice.

 

 

Non si deve pensare che l’auto che guida da sola sia una chimera futuristica. Grandi case sono impegnate, da Mercedes a Volvo, da Ford a Nissan. E loro sanno bene che la popolazione diventa sempre più vecchia, il traffico più caotico e la gente che sempre più connessa, attaccata allo smartphone, ha voglia di guidare pari a zero.

Siamo alle soglie della rivoluzione del semi autonomous driving, cioè dell’auto che guida quasi da sola, in grado cioè di toglierci il fastidio di guidare a singhiozzo nelle code e di vigilare sulla sicurezza quando siamo distratti per ridurre grandemente i sinistri stradali. E già adesso si può comprare una vettura con un notevole grado di autonomia: dalle ammiraglie alle utilitarie. Ad esempio l’ultima edizione Mercedes Classe Sè capace di guidare fino a sessanta all’ora nello stop and go delle code e integra in un unico insieme tutte le più sofisticate tecnologie per l’ausilio alla guida.
L’ammiraglia della stella a tre punte ci fa intravedere il futuro prossimo delle quattro ruote, quello fatto da auto che guidano da sole. O quasi. E lo fa immaginare con soluzioni d’avanguardia di sicurezza attiva e passiva che vanno sotto il cappello di Intelligent Drive. Ad esempio grazie a un’innovativa telecamera stereoscopica, una sorta di occhio digitale che vede a 360 gradi, e a sensori radar, “intuisce” le situazioni di potenziale pericolo e attiva i sistemi di ausilio alla guida per evitare collisioni.

Agli incroci, la telecamera stereoscopica, riconosce anche i pedoni e il traffico perpendicolare per mettere in allarme i freni. E tra le chicche ci sono le sospensioni dotate del dono della vista: una telecamera osserva e analizza il fondo stradale e adegua l’assetto. La Classe S è solo un anticipo del futuro, che però non sarà tanto lontano. Forse non ce ne siamo accorti, ma mentre molti sognano la macchina di Google che guida tutta da sola, quella che invece si ferma senza il nostro intervento o che parcheggia autonomamente in uno spazio davvero ridotto c’è già. E non è una top car: almeno non solo può anche essere una semplice utilitaria come la Fiat 500L o la Panda equipaggiate con un dispositivo semplice ed efficace: il City brake control che riconosce la presenza di altri veicoli o di ostacoli posti di fronte alla vettura e frena automaticamente quando il guidatore non interviene. Una magia digitale ottenuta con un’intelligenza di software e silicio aiutata da occhi elettronici di un radar. Tutta roba fina che anni fa poteva essere nell’equipaggiamento solo di una superammiraglia come, appunto la Classe S, la Bmw Serie 7 o l’Audi A6. Invece, adesso un monovolume medio come la Citroën C4 Picasso dispone del sistema che tiene d’occhio lo sconfinamento di carreggiata e soprattutto esibisce un cruise control attivo che mantiene la distanza di sicurezza.
Executive car e vetture di ultima generazione per tutti ci dicono che siamo alle soglie della rivoluzione del semi autonomous driving, cioè dell’auto che guida quasi da sola, in grado cioè di toglierci il fastidio di guidare a singhiozzo nelle code e di vigilare sulla sicurezza quando siamo distratti per ridurre grandemente i sinistri stradali.

Più lontana è comunque invece l’automobile che va in totale autonomia, quella dei film di fantascienza come il classico “I Robot” o preconizzata nel 1937 dall’architetto scenografo americano Norman Bel Geddes che per la fiera di New York “Futurama” ideò una vettura elettrica (per di più monovolume) a guida automatica. La tecnologia driverless però inizia a essere disponibile quasi a scaffale, off the shelf come dicono gli americani. E mentre Volvo immagina l’auto che parcheggia senza guidatore pilotata da un’app per lo smarthphone sono in molti (da Audi a Bmw fino a Toyota) a credere in un futuro “senza guidatore” per l’automobile: del resto le case hanno di fronte clienti della generazione digitale che tutto vogliono meno che stare disconnessi al volante e una popolazione sempre più anziana.
E tutti sono bloccati nel traffico. Quella che guida da sola (o quasi) sarà di certo l’auto 2.0, quella che forse riaccenderà, con una scintilla di innovazione il mercato e l’interesse per le quattro ruote.