Disruptive è questa la parola di moda che indica un evento, una tecnologia (o un prodotto) in grado di generare un cambiamento irreversibile nella sua industria e settore di riferimento. Una parola abusata da guru (e sedicenti tali) specialisti in hi-tech raccontato. La fotografia e la musica digitale sono stati disruptive Così come L’iPhone e gli smartphone Android che hanno rivoluzionato il mercato della telefonia mobile distruggendo il leader di settore: Nokia.
Ora, con insistenza, sulla scia del dieselgate, si pensa (spesso solo a suon di “coltissimi” tweet) che per l’auto sia giunta l’ora di un rivolgimento Disruptive: con Volkswagen e gli altri leader dell’automobile così come la conosciamo che perdono posizioni quanto a leadership culturale mentre sta per sorgere un nuovo mondo delle quattroruote. Ovviamente made in California. Del resto chi se non le aziende del Sunshine State, quelle della Silicon Valley che hanno cambiato il mondo con la rivoluzione digitale posson far capottare l’automobile a combustione interna come se a Monaco (o a Detroit) non ci sia nessuno in grado di sviluppare nuove idee. Ovviamente non è vero, ma è quello che passa in questo momento insieme a un messaggio: il “ciclo” diesel (e quello Otto) sono alla fine, largo all’elettrico. Andiamoci piano, però. E il sospetto è chiaro: il dieselgate sembra essere la tempesta perfetta per favorire l’ascesa di Apple nell’automobile.
No, non crediamo che esista un complotto made in Cupertino ma di certo se Mr. Tim Cook vuole entrare nell’auto nulla di meglio che vedere nella polvere il primo attore, quello che scandalo emissioni a parte, costruisce auto con cura maniacale. Che Apple voglia entrare nel mercato non è ufficiale ma sono 10 mesi che ci sono rumors costanti (ed è noto quanto la Mela sia brava a “gestire” indiscrezioni). Il progetto di Cupertino si chiama Titan e l’auto (che secondo voci potrebbe essere basata sulla Bmw i3) dovrebbe vedere la luce nel 2020 con una preview nel 2019. Se nascerà sarà elettrica (molto improbabile che sia robotica driverless, ma solo con qualche automatismo alla guida) e potrebbe aiutare Apple a uscire da un criticità: l’azienda di Cupertino siede su un montagna di denaro (quasi 200 miliardi di dollari) e ha una capitalizzazione di 630 miliardi di dollari) ma dipende principalmente da due modelli di smartphone che oggi vanno bene e fanno margini a bizzeffe, ma non è detto che il vento continui a tirare così nei prossimi 24/36 mesi.
E già adesso si vede l’ascesa dei degli smartphone cinesi. Insomma il dieselgate con una Vw in disgrazia (ma è tutto da verificare) sta creando i presupposti per far accettare l’elettrico e le sue criticità. E magari l’auto di Apple che con la consueta scarsa fantasia (solo apparente) potrebbe chiamarsi “car” (Apple ormai usa nomi di cose come dire: “Qui ci sono solo io”) avrà un autonomia limitata (i miracoli non si fanno se non si vuole far esplodere i costi) ma già si possono immaginare fanboy e guru del tech che diranno: «L’importante non è la meta, ma il viaggio. Conta solo l’esperienza d’uso ». Ma l’auto non è un telefonino e ne vedremo delle belle se mai Apple tenterà la difficile avventura. Battute a parte, la battaglia per l’auto 2.0 si gioca tra la California e la Germania.
E ora i tedeschi del Das Auto sono deboli mentre gli americani delle prugne (e delle Mele) della costa pacifica vantano Tesla che, nano industriale e gigante finanziario, ha lanciato dopo due anni di attesa un nuovo modello: la Model X, suv da 132mila euro. Vw con Audi e Porsche hanno la riposta pronta e innovativa (Porsche e suv Audi da 500 km di autonomia) e si spera che i tagli degli investimenti del neo ceo Müller non penalizzino le elettriche a grande autonomia e le tecnologie per la guida autonoma.