Matrimoni e semidivorzi. Ecco in sintesi come può essere definita l'esperienza
di Fiat, anzi di Fiat Chrylser, in India. La presenza del gruppo italiano nel
Paese è legata al controverso rapporto con Tata Motors attuato in base a
un'alleanza industriale siglata nel 2005 ma che a seguito delle nozze tra il
Lingotto e Detroit si è andata via via raffreddandosi e riducendosi per ruolo e
portata. Già , perché le due case sono diventate arcirivali in un mercato
importante: quello dei suv, segmento in costante espansione che, anche in Europa
dove l'auto esibisce vendite in picchiata, sembra soffrire la crisi meno degli
altri.
I due gruppi, infatti, controllano i
due marchi più in vista del mondo sport utility e off-road: Fiat Chrysler ha in
mano Jeep, iconico nome con oltre 70 anni di storia e sinonimo esso stesso di
fuoristrada. Tata, invece, ha nel suo carnet Land Rover, altro brand che ha
fatto la storia di questo tipo di veicoli, e che 40 anni fa ha inventato
la Ranger
Rover, di fatto il primo vero suv, capace di abbinare doti
"fuoristradistiche" con il lusso di un'ammiraglia. Quando era sotto il controllo
di Ford, la marca inglese (e con lei anche Jaguar) era sull'orlo del baratro, in
mano indiana (dal 2008) i marchi Jaguar e Land Rover sono invece rinati e
costituiti in un gruppo nel 2008 sulle ceneri della dispora dei marchi di
British Layland. Per Jaguar e Land Rover è arrivata, con nuove idee e un design
totalmente rinnovato per i due marchi, una seconda primavera, dopo decenni
travagliati, passaggi di mamo e crisi a ripetizione. Il successo odierno di Land
Rover, spinto soprattutto dalla "piccola" Range Rover Evoque, è travolgente:
180mila unità dal 2011 di cui oltre 10mila nel nostro
Paese.
All'inzio dell'avvetura "indiana" si
prevedeva la chiusura di una delle fabbriche nel Regno Unito, ora grazie ai 7
miliardi di euro messi sul piatto da Tata Motors, Jaguar Land Rover (Jlr) conta,
tra linee di produzione e centri di ricerca e sviluppo, su sei installazioni
(una proprio in India, a Pune) e sta costruendo una fabbrica in Cina e una, solo
per i motori, in Inghilterra a Wolverhampton. Insomma gli indiani, sottomessi
dagli inglesi nell'epoca coloniale, hanno fatto rinascere in piena era della
globalizzazione l'industria automobilistica inglese, facendola restare più
britannica che mai nel suo Dna e garantendo posti di lavoro e prospettive di
sviluppo planetario: quello che gli americani di Ford non erano riusciti a
realizzare.
La competizione tra Tata e Fiat non
è tuttavia solo sul fronte dei suv, dove la contrapposizione è palese e con
l'arrivo della nuova Jeep Cherokee si fa più intensa ma anche nel segmento delle
vetture premium d'intonazione sportiva. Il rilancio di Maserati, infatti,
avviato con la nuova
Quattroporte e la più "piccola" Ghibli (al debutto) va ad
accendere un fronte non solo con le tedesche ma anche con la casa del giaguaro.
Come dire: Quattroporte contro Jaguar Xj, Ghibli contro Xf. Tuttavia tra
l'indiana e la multinazionale italo-americana sussistono rapporti industriali in
base a una joint-venture che, ridefinita lo scorso anno con lo stop alle
attività congiunte sulla rete di vendita, verte sulla produzione di motori a
Ranjangaon destinate a vetture compatte. Ed è proprio su questi propulsori che
Fiat in India ha un altro partner di peso: Suzuki Maruti (emanazione indiana
della casa giapponese) alla quale Fiat fornisce i diesel MultiJet da
1.3
litri prodotti proprio dalla joint venture tra il lingotto
e Tata (Fiat India Automobiles Limited) proprio nello stabilimento di
Ranjangaon.